Negli ultimi due mesi le mie attività professionali mi hanno posto a confronto più volte con la parola “orientamento“.
Quando la sentiamo tendiamo ad associarla a quei momenti di passaggio tra i vari gradi scolastici in cui eravamo chiamati a fare una scelta: cosa fare dopo la terza media? Liceo, istituto, qualcosa che mi permetta di lavorare dal giorno dopo la fine della scuola? E dopo le superiori? Quale facoltà è più adatta a me, in quale ateneo? Meglio privilegiare la passione o le possibilità del mercato del lavoro? O è meglio cercare direttamente un’occupazione, che tanto di-studiare-sono-stufo-e-comunque-neanche-i-laureati-trovano-lavoro?
Ci siamo passati tutti. Per qualcuno la scelta è stata facile: sapeva già quello che voleva fare o a cui dare priorità (la famiglia, la carriera, il tempo libero, la passione, la disponibilità di posti di lavoro…). Per qualcun altro la questione era più complessa: o non sapeva cosa fare, e si trovava all’ultimo a scegliere un corso di studi o un’occupazione che potesse avvicinarsi alla meno peggio ai propri interessi, o non aveva la possibilità di intraprendere la strada desiderata. Sono tantissime le persone che rimpiangono di non aver fatto una certa scuola superiore più vicina alla propria sensibilità, o perché i genitori non volevano o perché non avrebbero potuto permettersi di continuare gli studi all’università e allora era meglio scegliere qualcosa di pratico fin dall’inizio. Non che scegliere di andare a lavorare sia meglio o peggio se, appunto, è una scelta. Sono un po’ meno, ma ci sono, quelli che da grandi si sono rimessi a studiare la sera, dopo il lavoro, per prendersi un diploma o la laurea: testimonianza che non tutte le scelte sono irreversibili, anzi. Con la giusta dose di motivazione le possiamo arricchire, rifinire, a volte anche cambiare. Con altre, invece, ci dobbiamo fare i conti, ma questa è un’altra storia.
Orientamento, quindi, significa scelta. Scelta che però non riguarda soltanto la scuola o il lavoro.
Orientarci nelle scelte è il nostro modo di vivere, fatto di bivi, di fatiche quotidiane per rimanere sul sentiero prescelto o al contrario per cambiarlo, di avventura (e di paura), di pazienza nel mettere un passo avanti all’altro, sempre lo stesso. A volte ci sembra di avere tutti gli strumenti e le mappe per capire esattamente dove siamo, altre volte non riusciamo a interpretare il dedalo di stradine e di vie che vediamo sulla cartina e ci perdiamo. Per prepararci questo viaggio al meglio impariamo ad andare in bicicletta, a guidare la macchina, a leggere le costellazioni in cielo. In alcuni momenti non possiamo fare altro che navigare a vista, in altri anche se il navigatore continua a ripetere insistentemente di girare a destra, noi di quella stradina stretta e poco illuminata non ci fidiamo, meglio andare avanti e vedere cosa succede.
Orientarsi non è necessario soltanto davanti alle grandi decisioni che, una volta prese, cambieranno per sempre (o quasi) il corso della nostra vita, come accettare quel lavoro in America o avere un figlio. Incontro ogni giorno persone alle prese con scelte forse più piccole, ma altrettanto cruciali: persone che si sentono perse, o demotivate, che non trovano più un senso in quello che fanno e che si chiedono se questo senso ci sia mai stato. Persone che non hanno mai potuto scegliere veramente, e che ora si trovano a vivere la vita di qualcun altro. Persone che si rendono conto di aver scelto sempre il meno peggio, ma di non essersi mai chiesti che cosa piace veramente a loro. Persone di fronte a un bivio – da una parte sanno dove arriveranno, sanno che sulla carta sarebbe la scelta più giusta e coerente, ma l’altra strada ha un fascino irresistibile. Persone che rimpiangono di aver scelto la strada più giusta e coerente, o quella irresistibile.
In questi casi non basta accendere Google e digitare la destinazione (lì la troviamo con tanto di recensioni, se uno avesse dei dubbi sulla meta), seguendo il percorso indicato (il più breve, il più corto, il più economico). C’è chi riesce a farlo, salvo poi accorgersi che seguire le istruzioni non gli ha evitato di sbagliare (a me succede sempre anche con il navigatore vero, per inciso: non sempre la via più corta è la migliore). Molte persone decidono proprio in questo momento di dis-orientamento di intraprendere un percorso di consulenza psicologica o, eventualmente, una psicoterapia: non per aggiungere una mappa alla propria collezione ma per ritrovare – o magari trovare per la prima volta – il proprio percorso di vita, liberando il sentiero dagli ostacoli che non ci permettevano di percorrerlo e forse neppure di vederlo. Siamo un po’ tutti come Ulisse che, cercando la strada di casa, si trova a vivere avventure straordinarie: quello che se ne farà, poi, dipenderà da lui.
Ricordandoci, ogni tanto, di fermare la macchina e di uscire ad ammirare il cielo stellato sotto cui ci siamo persi.
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