C’è un momento, durante la psicoterapia, in cui la persona seduta davanti a me si rende conto per la prima volta di potercela fare.
Che il punteggio finale della sua partita non è già stato fissato, che è ancora in campo e può giocare mettendocela tutta. Che non importa da dove è partito, o quanto ci ha messo, o quanti intoppi ci sono stati, importa solo chi sceglierà di essere da oggi in poi.
Forse non è la prima volta in assoluto che lo pensa o che lo prende in considerazione, ma un conto è “saperlo” con la testa, ragionarci su, un altro è sentirla come reale possibilità per guardare e rileggere la propria vita. Passata, presente e soprattutto futura.
Quando certe consapevolezze passano dalla testa al cuore, quando sono così limpide che quasi senti una stretta allo stomaco, accade qualcosa di intenso per quella persona. Lì per lì ti sembra una cosa così ovvia, eppure all’inizio di questo viaggio dentro te stesso eri pronto ad abbandonare il gioco.
Facile, allora, dirsi “non ce la farò mai”. O dare la colpa agli altri, alla società, alla mancanza di possibilità. Ma quando questa consapevolezza fa capolino cambia tutto: ci si sente di nuovo (o per la prima volta) giocatori titolari della propria esistenza, capaci di incidere in quella degli altri – oltre che nella propria – e responsabili delle proprie scelte e della propria salute.
Magari si tratta di un momento, che va poi pazientemente lavorato e consolidato nel lavoro terapeutico, o magari è già il segno di un cambiamento più ampio che sta avvenendo in terapia. Comunque si manifesti, un terapeuta esperto non se lo lascia sfuggire ed è pronto a coglierlo e accoglierlo.
Di tutto questo, non c’è giorno in cui non me ne porti dei pezzettini nel cuore.