La capacità di comunicare è forse ciò che ci caratterizza di più come esseri umani, eppure… quanto può essere difficile, magari proprio con chi ci sta più vicino, con il proprio partner?
A volte sembra che basti un nonnulla per non capirsi più e per finire a litigare. Oppure, dopo anni in cui le cose “sono sempre andate così”, non si trova il modo di stare insieme in modo diverso.
Per qualcuno comunicare a distanza, ad esempio tramite SMS o Whatsapp, è un compromesso quasi soddisfacente, anche se non si spiega come mai per iscritto sembra così facile andare d’accordo e parlarsi dolcemente mentre faccia a faccia l’indifferenza o addirittura l’aggressività prende il sopravvento.
Se è vero che ogni storia fa per sé, ha un senso e una direzione tutta sua, nel campo della comunicazione esistono però delle “regole” generali di fondo, che valgono anche nella vita di coppia e possono rivelarsi utili per migliorarla. Vediamole, attraverso una scenetta (immaginaria) di vita quotidiana:
Roberto e Sonia non stanno passando un periodo facile: litigano spesso, anzi è Sonia a brontolare anche per le minime cose, mentre Roberto per lo più si limita a stare in silenzio per non sbottare e non peggiorare la situazione. Sonia, però, si arrabbia per l’atteggiamento del compagno, che non le dimostra una reale volontà di collaborare. Spesso il problema nasce da qualcosa di banale, come lasciare i piatti nel lavandino o l’organizzazione delle serate insieme, ma poi la discussione degenera e allora esplodono entrambi.
Durante le discussioni Sonia parla, Roberto sta in silenzio, eppure tutti e due comunicano qualcosa con il loro atteggiamento, influenzandosi reciprocamente. Possiamo immaginare che Sonia, che spesso mette in luce i problemi, trasmetta una buona dose di aggressività, mentre Roberto, che vuole evitare di spargere benzina sul fuoco, rimandi un certo disinteresse nelle questioni che affrontano.
Sonia e Roberto sono consapevoli di quello che comunicano all’altro? Forse no. Potrebbero chiederlo, e parlarne il più apertamente possibile, in un momento di tranquillità.
Dal punto di vista di Sonia quello che accade è più o meno questo: quando parlano di qualcosa di importante lui si chiude in se stesso, allora lei brontola e si arrabbia.
Dal punto di vista di Roberto, invece: quando parlano di qualcosa di importante lei brontola e si arrabbia, allora lui si chiude in se stesso.
Un bell’inghippo! Ognuno dà la colpa all’altro del suo modo di comportarsi, “punteggiando” diversamente una stessa sequenza di eventi. E se, invece, Sonia e Roberto si prendessero ognuno la propria quota di responsabilità per i loro comportamenti? Forse smetterebbero di vederli come mere reazioni al comportamento dell’altro e potrebbero fare delle scelte diverse.
Ad esempio: mentre discutono, Sonia e Roberto parlano certamente dei piatti (livello del contenuto), ma anche del tipo di relazione che hanno tra loro due. Ovvero, mentre discutono su chi si occupa di lavare i piatti, stanno in realtà parlando del loro modo di stare insieme e, se non se ne accorgono, potrebbero continuare all’infinito.
Il trucco, in questo caso, è di smettere di parlare di piatti, tazze, spazzatura – e chi più ne ha più ne metta – ed esplicitare le proprie difficoltà relazionali, parlando di quelle. Ad esempio “non mi sento ascoltata da te” e “mi sento aggredito da te”, piuttosto di “metti i piatti sporchi in lavastoviglie”, “fallo tu visto che ci tieni tanto”.
In ogni comunicazione, quello che viene detto (il verbale) non è tutto: contano anche il tono di voce, la mimica, la gestualità, la vicinanza o distanza fisica… E questo secondo tipo di comunicazione, quella non verbale, diventa fondamentale quando c’è un problema di relazione: le parole potrebbero dire una cosa, la voce e la postura tutt’altro, creando confusione in chi ascolta. Ad esempio se Roberto afferma di non voler litigare ma poi si chiude in un mutismo “assordante”, o se Sonia dice di non voler criticare ma il suo viso è contratto e la sua voce acuta e tagliente, sarà difficile per l’altro non far prevalere il significato del linguaggio non verbale.
Il suggerimento, qui, è duplice: da una parte cercare di rendere il più possibile congruente quello che si dice con quello che si fa, dall’altra esplicitare al partner la propria confusione davanti a segnali così contrastanti.
A volte le discussioni non possono finire perché nessuno può lasciare all’altro l’ultima parola. Né Sonia né Roberto vogliono che sia l’altro a decidere cosa fare, come farlo e quando: stare in coppia diventa un braccio di ferro. Ma siamo sicuri che chi fa un passo indietro “perda”?
“Però una cosa importante l’ho imparata.”
“Cosa ?”
“Saper disinnescare.”
“Cioè ?”
“Non trasformare ogni discussione in una lotta di supremazia.
Non credo che sia debole chi è disposto a cedere, anzi, è pure saggio.
Le uniche coppie che vedo durare sono quelle dove uno dei due, non importa chi,
riesce a fare un passo indietro. E invece sta un passo avanti.”
(dal film: “Perfetti sconosciuti“)