“Fammi vedere! Guardate! Guardate come è precisa e ordinata Elena Greco… pulita, sempre nel rigo e nessuna macchia”.
Questo urla l’insegnante Oliviero al resto della classe. È una delle scene iniziali del primo episodio dell’“Amica Geniale”.
Lo “stare nel rigo” di Elena, lungi dall’essere solo una cifra del proprio modo di essere scolara, forse ci racconta qualcosa in più di lei. Stare nel rigo può significare avere ben segnati i confini entro cui far scorrere la penna del proprio stare al mondo. Il contesto famigliare in cui Elena sta crescendo è un contesto in cui presto o tardi le viene fatto capire che c’è un modo di stare al mondo che è nelle righe che qualcuno segna per te. L’ambizione è sempre confusa da un’ingiunzione: “essere la più brava di tutti” e il modo in cui può sperimentare di essere brava è quello di raccogliere i consensi della maestra e distinguersi nella sua classe. È su questo che Elena si concentra imparando ben presto a mescolare il suo sguardo con quello dell’altro, a far coincidere la propria prospettiva con quella di chi la guarda.
Per Elena uscire da quel rigo è un’impresa ardua e il coraggio assume più i contorni di una sbavatura sul foglio che quelli di uno tratteggio creativo.
Ad Elena magari il coraggio proprio non interessa se non fino a quando incontra Lila che invece sembra aver potuto imparare qualcosa in più e qualcosa prima di tutti forse proprio perché è coraggiosa, sfrontata, “cattiva”. Lila sa già scrivere, Lila sa già leggere.
Lila mette in crisi così quel “devi essere più brava di tutti” che Elena vede in fondo al rigo. Lo mette in crisi e in un certo senso lo sollecita, da linea continua lo fa diventare un tratteggio da cui provare ad uscire e rientrare.
Lila invece valica continuamente i confini delle righe scrivendoci sopra, anziché dentro. Il suo rigo, il suo confine è la pagina intera, si permette di toccarne i bordi, di sporcarsi, di allontanarsi da casa senza che nessuno se ne accorga e imparando che l’altro può accorgersi di lei solo se sfidato.
Forse è proprio perché sa già scrivere che Lila potrà diventare per Elena il nuovo rigo da non perdere e di cui saper portare il segno con il dito man mano che anche lei imparerà a leggere. Perdere quel segno, quel riferimento così esclusivo, può significare per Elena perdere le regole nuove del coraggio e dell’avventura, perdere in un certo senso la bussola attraverso cui misurare il proprio valore.
Possiamo già schierarci nei confronti di questi due modi di stare al mondo che così diversi sembrano definire queste due bambine? Chi ci piace di più? E perché? Cosa dicono di noi e del modo che abbiamo di affrontare la nostra vita?
Quali persone o situazioni abbiamo potuto pensare come il “rigo” della nostra vita? E in che modo abbiamo potuto scoprire che un certo rigo per noi era troppo stretto (o troppo largo), a tal punto da doverlo cambiare? In che modo ci è parso utile o forzato il fatto di dover stare in certe righe? E in che modo invece abbiamo potuto pensare talvolta di poterci disegnare anche da noi le righe per scrivere la nostra storia?
Dr. Vito Stoppa, Psicologo Psicoterapeuta